Latte: aspetti nutrizionali, microbiologici e tecnologici

Brocca e bicchiere di latte.Il Latte, pur essendo uno fra gli alimenti basilari della nostra alimentazione, sembra non essere poi cosi apprezzato dagli italiani. L’Italia, infatti, si posiziona tra gli ultimi paesi nel consumo di questo prodotto, consumandone mediamente solo 56 litri procapite l’anno, contro gli oltre i 100 litri annui degli americani. Nonostante questa battuta d’arresto nei consumi italiani, il latte rappresenta comunque un alimento prezioso per la ricchezza della sua composizione.

Viene considerato infatti un alimento completo contenendo tutti i principali elementi nutrivi indispensabili per l’uomo. L’acqua è il componente principale. Subito dopo, i nutrienti maggiormente presenti sono i grassi principalmente saturi (sottoforma di fosfolipidi e trigliceridi), che rappresentano la principale fonte di energia del latte e che possono essere presenti in percentuali e tipi diversi a seconda della specie che lo produce. La seconda fonte energetica è rappresentata dai carboidrati, in prevalenza lattosio. I due terzi delle proteine presenti sono generalmente caseine (fosfoproteine) e per il resto sieroproteine e proteine enzimatiche (ossidasi, proteasi, perossidasi, lisozima, lipasi). Il resto dei componenti sono calcio, fosforo, sali minerali e vitamine (B, C, A, D, K).

Con il termine Latte viene convenzionalmente chiamato il prodotto proveniente dalla mungitura della vacca. In commercio e ad uso umano, però, esistono anche altri tipi di latte la cui denominazione è accompagnata dalla specie dell’animale che lo produce (latte di pecora, di capra, ecc.) Per la sua composizione ed essendo un prodotto di origine animale, il latte, è un substrato ottimale per la crescita di microrganismi, alcuni dei quali possono generare patologie in seguito alla trasmissione dagli animali all’uomo (tra le zoonosi più frequenti: brucellosi, listeriosi, salmonellosi). La contaminazione microbica del latte può essere imputabile ad una serie di cause: quelle legate all’animale (salute generale, superficie della mammella, cute dell’animale); quelle legate alle condizioni della stalla (igiene, pulizia, livelli di pulviscolo nell’aria); quelle legate alle condizioni di mungitura (quella manuale comporta una contaminazione maggiore rispetto a quella meccanica). Il latte, inoltre, essendo una emulsione di grassi in soluzione acquosa, può essere contaminato da numerose sostanze sia lipo- che idro-solubili. Queste sono prevalentemente contaminazioni chimiche che possono essere di origine ambientale (pesticidi, inquinanti, tossine che l’animale ingerisce con l’alimentazione); oppure possono essere contaminazioni che avvengono durante il processo di trasformazione e conservazione.

La prima manipolazione (a tutela del consumatore) effettuata al latte, riguarda l’uso della pastorizzazione. Nei primi del 900, viene introdotta da Pasteur questo processo con l’intento di ridurre drasticamente gli importanti problemi sanitari legati alla presenza di patogeni nel latte crudo, derivanti dalle manovre di mungitura e dagli animali. Nella pastorizzazione si sottopone il latte crudo ad un unico trattamento di calore (75 °C per 15 secondi). Se il latte crudo perviene allo stabilimento e viene sottoposto al trattamento entro 48 ore dalla mungitura, rispettando le condizioni igieniche di trattamento fino alla vendita, in modo da soddisfare i criteri HACCP stabiliti dall'OMS (relativi alla garanzia di gestione dei rischi sanitari), può essere definito “latte fresco pastorizzato”. Un altro trattamento che ha preso largamente piede nell’industria del latte, usato per garantire una conservazione ancora maggiore del prodotto, è il trattamento ad “ultra alta temperatura UHT”. In questo caso il latte viene sottoposto ad un trattamento termico più potente (120 – 140 °C per 2-3 secondi) che permette la totale uccisione di microrganismi ma anche la denaturazione di molti enzimi. Dopo il trattamento il latte viene fatto raffreddare e avviato al confezionamento in assoluta sterilità. Anche questo trattamento, però, non distrugge le spore batteriche più resistenti, viene definita infatti la sterilità commerciale del latte UHT, come "assenza di microrganismi capaci di riprodursi e recare danni al prodotto nelle usuali condizioni di conservazione a temperatura ambientali”. Queste sono solo alcune dei trattamenti che il latte può subire. Per un ulteriore analisi degli aspetti tecnologici/industriali riguardanti il latte, e per una valutazione delle norme che regolano la sua produzione e il suo commercio, rimandiamo agli articoli successivi.

Latte: aspetti tecnico-industriali, produzione e commercio

Come anticipato nell’articolo precedente riguardante il Latte, la sua produzione e la sua commercializzazione attuale, si basa sulla pastorizia di animali Mucca in un prato.gregari come la vacca, la bufala, la pecora, la capra, l'asina. Quando si parla di "latte", in Italia per legge si intende quello vaccino.

Secondo il Reg. (CE) n°2597/97 per “latte alimentare” si intendono quei prodotti che sono destinati ad essere venduti come tali al consumatore finale: il latte crudo (che non ha subito nessun trattamento termico dopo la mungitura); il latte intero (che ha subito almeno un trattamento termico e che presenti un tenore di materia grassa uguale o superiore al 3,5 %); il latte parzialmente scremato (che ha subito almeno un trattamento termico e che presenti un tenore di materia grassa tra l’1,50% e l’1,80%); il latte scremato (che ha subito almeno uno dei trattamenti termici previsti e che presenti un tenore di materia grassa pari allo 0,30%). Alta è l’attenzione soprattutto per la produzione e commercializzazione del latte crudo. Il Reg. (CE) n°853/04 infatti dedica una sezione intera ai requisiti igienico-sanitari della produzione del latte crudo.

Partendo dalla produzione primaria, proseguendo con l’analisi dei requisiti sanitari degli animali, degli stabilimenti di produzione e delle operazioni di mungitura, e terminando definendo i criteri microbiologici del latte crudo, il Regolamento Europeo indica le linee guida da seguire per ottenere un prodotto privo di rischi. Di più recente introduzione è la Legge 189/12 che cita quali sono le informazioni per il consumatore che obbligatoriamente devono essere riportate sulle confezioni. Chi immette sul mercato latte crudo destinato all’alimentazione umana è, infatti, obbligato a riportare sulla confezione del prodotto la dicitura “prodotto da consumarsi previa bollitura”, aggiungendovi anche la data di mungitura e la data di scadenza (che non può superare i tre giorni dalla mungitura). Più in generale il trattamento e la commercializzazione del latte vaccino viene disciplinata dalla Legge n°169/89. I trattamenti ammessi che può subire il latte, secondo la Legge, sono quelle di pastorizzazione, sterilizzazione, e upperizzazione.

Anche per quanto riguarda il confezionamento e l’imballaggio, il Reg. CE 853/04 ci fornisce le indicazioni principali: il latte destinato al consumo umano deve essere imbottigliato e chiuso ermeticamente immediatamente dopo la fine dell’ultimo trattamento termico avvenuto nell’industria produttrice. I dispositivi di chiusura ermetica infatti devono essere pensati per impedire una successiva contaminazione del prodotto. Il dispositivo scelto deve anche garantire di riconoscere facilmente le confezioni già aperte da quelle ancora sigillate. Inoltre, come ogni prodotto immesso sul mercato e destinato ai consumatori, anche per il latte deve essere garantita la raccolta di tutta la documentazione che accompagna il prodotto lungo tutta la filiera produttiva: produzione, lavorazione, trasformazione, confezionamento e commercializzazione. Il Reg. (CE) n°178/02 stila infatti una serie di provvedimenti che legano la sicurezza alimentare con la rintracciabilità in filiera e l’etichettatura. In questo modo si ha una garanzia costante della salubrità dei prodotti e della corretta informazione ai consumatori. Con il D.lgs. n°109/92 infatti si delinea in maniera dettagliata e approfondita come deve avvenire la corretta informazione ai consumatori e attraverso quali mezzi. L’etichetta diventa il mezzo principale di questa informazione contenendo tutte le indicazioni dettagliate del prodotto in questione.

Anche il latte è infatti, nelle sue confezioni finali, provvisto di etichettatura e non solo. Qualsiasi prodotto proveniente dalla mungitura di animali diversi dalla vacca deve contenere nella denominazione la specifica della specie di provenienza (per es. latte di pecora). Con il singolo termine “latte” si intende infatti esclusivamente quello vaccino. Il latte può essere commercializzato dopo adeguato confezionamento, etichettatura ed eventualmente può venire anche bollato (secondo il DPR n°54/97). La bollatura sanitaria viene effettuata nello stabilimento di produzione e viene apposta in un punto ben visibile della confezione, perfettamente leggibile e indelebile. Eventuali altre denominazioni ben visibili sulla confezione di latte sono: “latte fresco pastorizzato” o “latte fresco pastorizzato di alta qualità”; l’indicazione del trattamento termico effettuato, la data in cui è stato effettuato e la temperatura alla quale va conservato il prodotto; chiaramente la data di scadenza. Non è obbligatorio per il latte la lista degli ingredienti essendo un alimento costituito da un solo ingrediente e visto che la sua denominazione di vendita coincide con il nome dell’ingrediente stesso, e può essere presente la tabella dei valori nutrizionali. Di recente immissione anche l’indicazione del luogo di provenienza della stalla di mungitura e non solo quello dello stabilimento di confezionamento. Questo permette di intervenire più velocemente in caso di prodotti a rischio immessi sul mercato.

Dott.ssa Federica Tavassi
Consulente HACCP Roma, 18 febbraio 2012
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare

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