La corretta prassi igienica nel settore dell'estrazione dell'olio dalle sanse

L’industria alimentare, per garantire un adeguato livello di sicurezza dei processi produttivi, fa riferimento ai cosiddetti “Manuali di corretta prassi igienica”. Essi sono uno strumento per aiutare gli operatori del settore ad elaborare un piano di autocontrollo che rispetti i principi del sistema HACCP, identificando i rischi, i punti critici e i mezzi di controllo relativi.

In questo articolo tratteremo più da vicino i Manuali di corretta prassi igienica che regolano i sansifici, stabilimenti in cui si estrae con solventi, l’olio di sansa greggio dalle sanse vergini. Ricordiamo che le linee guida indicate in questi manuali, devono essere personalizzati sulla base delle realtà aziendali che le adottano per creare il loro piano di autocontrollo, ovviamente anch’esso rigorosamente personalizzato.

Gli oli di sansa vengono estratti abitualmente dalle sanse vergini tramite solventi e possono essere commercializzati solo previa raffinazione e miscelazione con oli vergini di oliva, con la denominazione “olio di sansa d’oliva”. Poiché la sansa vergine è uno scarto della lavorazione delle olive, sarebbe opportuno che i responsabili dei sansifici effettuassero visite periodiche presso i loro fornitori in modo da verificare i controlli e le lavorazioni effettuate. È opportuno anche prevedere piani di campionamento per il monitoraggio delle materie prime, e verificare al momento del ricevimento, le loro condizioni di trasporto.

I rischi che si incontrano durante la lavorazione della sansa vergine sono di natura fisica, chimica e microbiologica. La prima riguarda principalmente la materia prima all’atto del ricevimento, e qualora si riscontrassero anomalie in questa fase, l’operatore può operare tre scelte: a) può separare il contaminante dalla merce prima di essere lavorata; b) può destinare la merce contaminata per usi differenti da quello alimentare; c) può restituire la merce al fornitore.

Per quanto riguarda le contaminazioni chimiche esse possono essere di varia origine: a) possono essere dovute ai lubrificanti utilizzati per le attrezzature che lavorano la materia prima. In questo caso l’operatore che si accorge di una situazione di pericolo può destinare il prodotto a usi non alimentari. Per evitare questo problema sarebbe opportuno utilizzare lubrificanti sintetici atossici, inodori, incolori e insapori, i cosiddetti “food grade”; b) possono riguardare un’elevata concentrazione di solvente nel prodotto finito, per cui è necessario svolgere controlli costanti; c) possono essere rappresentati dalla presenza di idrocarburi policiclici aromatici (IPA), sostanze che dovrebbero essere ridotte al minimo, ad esempio regolando il processo di essiccazione delle sanse vergini.

Il rischio di contaminazione microbiologica infine è pressoché nullo, in quanto l’olio, privo di acqua e di composti azotati, non rappresenta il substrato ideale per la proliferazione microbica. Bisogna anche ricordare che nei processi di distillazione e raffinazione, le miscele vengono sottoposte a temperature non inferiori ai 100°C, operando quindi una sorta di sterilizzazione del prodotto.

Dott.ssa Isabella De Vita
Consulente HACCP
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare

Roma, 22 aprile 2013

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