Ogni corso per l’HACCP è finalizzato ad istruire il personale che manipola gli alimenti su i rischi e i pericoli che possono essere introdotti durante la lavorazione, con l’ottica di ridurli al limite per salvaguardare il benessere del consumatore e la sicurezza alimentare. Lo stesso concetto viene poi sviscerato in ogni minimo dettaglio e particolare nel manuale di autocontrollo e HACCP presente in azienda, in cui per ogni passaggio della lavorazione viene indicato e ben descritto il tipo di pericolo che può sorgere; il limite oltre il quale si incorre in un possibile danno e le azioni correttive da intraprendere per riportare la situazione sotto controllo. Restano però delle situazioni in cui i prodotti erogati risultano non conformi e per questo non possono essere lasciati in commercio in quanto rappresentano un rischio, anche solo potenziale, per il consumatore finale. Le cause che possono generare situazioni problematiche sono diverse e di diversa natura. Tra questi i contaminanti hanno un ruolo primario nell’insorgere di problemi. Per quanto sembra semplice, a sentire la “teoria”, tenere sottocontrollo i punti critici di una qualsiasi produzione, nella realtà abbiamo spesso evidenze che non è cosi facile e scontato. Spesso infatti assistiamo a richiami e ritiri dal mercato di certi prodotti, che evidentemente non rispecchiano più le caratteristiche di sicurezza e igiene previste. I prodotti infatti possono essere ritirati o richiamati, per esempio, se risultano in qualche modo contaminati: possono essere contaminati da agenti biologici (batteri, virus, parassiti…) e da agenti chimici e fisici di vario genere.

Anche prendendo in esame quest’ultimo lasso di tempo i richiami e ritiri non sono pochi. Continua infatti l’attenzione, per esempio, nei confronti dei frutti di bosco surgelati contaminati dal virus dell’epatite A che continuano ad essere richiamati e ritirati dalla grande distribuzione su tutto il territorio nazionale. Lo sgombro al naturale con anisakis, di cui sono state ritirate dal mercato 80mila lattine; il carpaccio di tonno con istamina; il pesto al botulino; la lattuga al topicida; l’acqua minerale con un gusto anomalo; la carne di cavallo al posto di carne di manzo e i corpi estranei in vasetti di yogurt sono solo alcune tra le ultime situazioni di pericolo rilevate.

L’allerta alimentare quindi nasce quando si evidenzia una non conformità in un lotto di prodotti messi in commercio, e che quindi possono rappresentare un pericolo per il consumatore finale che acquista proprio quel prodotto di quel lotto. In queste situazioni la tempestività nel comunicare l’allerta e nel correre ai ripari diventa di vitale importanza. Infatti il meccanismo delle comunicazioni rapide è uno strumento essenziale per la valutazione di eventuali rischi e per la tutela del consumatore. In quest’ottica è stato istituito il sistema rapido di allerta comunitario, in cui cooperano la Commissione Europea, l’EFSA (Autorità per la sicurezza alimentare) e gli Stati membri dell'Unione. La fondazione di questa “rete” parte con la Direttiva 92/59/ CEE del consiglio europeo recepita col decreto legislativo 115/95, relativa alla sicurezza generale dei prodotti e col regolamento CE 178/2002. In Italia è l'Ufficio VIII della Direzione Generale della Sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali ad essere il punto di contatto per il sistema di allerta comunitario. Ma come funziona il flusso delle “allerte”? Innanzitutto i due requisiti principali devono essere: la completezza dell’informazione comunicata e la tempestività. Le notifiche vengono quindi comunicate e condivise via rete tra gli Stati membri in tempo reale. Quello che avviene dopo l’emissione di una notifica è il ritiro dei prodotti ritenuti pericolosi per la salute umana (o animale, se prendiamo in considerazione che l’attività del sistema di allerta monitora anche i mangimi). Nel caso di rischio grave ed immediato (esempio tossina botulinica), oltre a disporre immediatamente il sequestro dei prodotti tramite l’intervento del Comando Carabinieri della Sanità e degli Assessorati Regionali, la procedura di emergenza può essere integrata con comunicati stampa.

In questo caso vengono informati i cittadini sul rischio legato al consumo di un determinato prodotto e sulle modalità di riconsegna dell’alimento alla ASL territorialmente competente.

Per i cittadini, ma non solo, La Commissione Europea ha istituito sul proprio sito uno spazio apposito per la consultazione on line delle notifiche settimanali, (weekly overview of alert and information notifications), trasmesse dai paesi della comunità, in cui è possibile visionare e conoscere le notifiche settimanali suddivise in “nuove allerte”, per i prodotti a rischio sul mercato europeo, e “nuove informazioni”, per i prodotti non presenti sul mercato europeo o già sottoposti a misure di controllo dal paese interessato.

Dott.ssa Federica Tavassi
Roma, 17 novembre 2013
Associazione Italiana Consulenti di Igiene Alimentare

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