Tecniche di produzione e microbiologia dei derivati della carne: gli insaccati

Bancone ricco di diversi salumi e insaccati.Gli insaccati carnei fermentati sono il risultato delle trasformazioni microbiologiche, biochimiche e fisiche dell’impasto carneo, solitamente composto da una parte magra, una parte grassa, e altri ingredienti. Questo viene poi introdotto e quindi “insaccato” in budelli naturali o artificiali e poi posto a maturazione in determinate condizioni (di temperatura e umidità) a secondo del prodotto finale che si vuole ottenere. Le varietà di insaccati che si possono produrre sono numerose, in base alle materie prime usate e ai parametri scelti per la maturazione. L’insaccato è un “sistema” caratterizzato da parametri particolari in cui si svolgono dei fenomeni microbiologici, chimici e fisici che concorrono a generare le alterazioni che andranno a determinare il prodotto finale. Alcune tra le modificazioni che subisce il prodotto c’è: l’abbassamento del pH dovuto alla fermentazione lattica del glicogeno; l’abbassamento dell’attività dell’acqua per aggiunta del sale e della disidratazione dovuta alla stagionatura; le temperature e l’umidità scelta per la maturazione influiscono sul prevalere di microrganismi utili piuttosto che dannosi; eventuale aggiunta di additivi ed eventuale pratica di affumicatura.

Nelle varie fasi di produzione è necessario effettuare scelte corrette per la produzione del prodotto ottimale. Infatti è importante scegliere il tipo di carne adeguata tra diversi tagli più o meno magra a seconda del prodotto che si vuole ottenere, anche se per ottenere un buon prodotto fermentato può essere utile scegliere carni con valori di pH bassi in modo da facilitare l’acidificazione. Anche il grasso scelto può influire sul prodotto finale e a seconda del prodotto desiderato si sceglie un tipo di grasso piuttosto che un altro (grasso duro, di gola o lardo). Le successive fasi di mondatura, taglio e macinazione non devono avvenire a temperature superiori ai 12°C e per quanto riguarda la salagione, che avviene per addizione diretta di cloruro di sodio o di salnitro, la concentrazione salina nei prodotti stagionati oscilla tra 3,5% e 6%, determinando la solubilizzazione delle proteine miofibrillari del muscolo, la precipitazione delle proteine sarcoplasmatiche e inibendo lo sviluppo di microrganismi indesiderati. All’impasto successivamente vengono aggiunti nitrati e nitriti (sottoforma di sali di sodio o di potassio) che da una parte garantiscono la stabilizzazione del prodotto (soprattutto del colore), svolgono azione antimicrobica (principalmente contro Clostridium botulinum) e antiossidante evitando l’irrancidimento dei grassi; dall’altra parte però risultano tossici in concentrazioni troppo elevati per l’uomo (determinando, a breve termine, fenomeni di cianosi e a lungo termine, potenziali cancerogenesi nelle mucose gastriche), per questo la legislazione ammette come dosi massime valori tra i 250 ppm e i 150 ppm. A completare l’impasto mancano spezie (che variano a seconda della posizione geografica e determinano un incremento di aroma e sapore); additivi (come antiossidanti, stabilizzanti, addensanti); zuccheri che siano fermentescibili e che garantiscano quindi una adeguata acidificazione del prodotto concorrendo quindi alla conservabilità dell’insaccato; latte in polvere, ingrediente autorizzato per migliorare la consistenza.

In alcuni casi poi, nello specifico nella produzione di insaccati la cui tecnica di produzione non prevede trattamenti con il calore, è permesso l’uso di colture di avviamento.

Gli starter microbici permessi sono: Lactobacillus, Pediococcus, Micrococcus, Debaryomyces, e Staphylococcus xylosus, Staphylococcus simulans e Staphylococcus carnosus.

Queste specie sono selezionate seguendo criteri di sicurezza (non devono essere ne tossinogeni ne patogeni); secondo criteri di efficienza tecnologica; e secondo la capacità di crescere nelle particolari condizioni “ecologiche” che si realizzano nell’insaccato. La microflora dei prodotti carnei fermentati è principalmente composta da lattobacilli le cui attività tecnologiche prevalenti sono: la fermentazione degli zuccheri, l’acidificazione del mezzo, l’inibizione della crescita di batteri anaerobi facoltativi, la coagulazione delle proteine muscolari determinando maggiore coesione e compattezza nel prodotto finito.

A questo punto le fasi di produzione proseguono con la miscelazione di tutti i composti; l’insacco in budelli e la legatura. L’ultima fase di produzione a cui va incontro l’insaccato è la stagionatura, momento nel quale si verificano i cambiamenti maggiori nelle microflore inizialmente presenti (o aggiunte) e le modifiche chimico-fisiche e biochimiche che conferiscono le caratteristiche finali al prodotto. Questa fase può essere suddivisa in tre sotto fasi: la stufatura, in cui partono i processi fermentativi a carico dei lattobacilli e avviene a temperature (18-20° oppure 24-26°) e umidità diverse a seconda del prodotto che si vuole ottenere; l’asciugatura (15-20°) in cui i prodotti cominciano a perdere umidità, la salinità comincia ad aumentare e il pH a scendere; e la stagionatura propriamente detta (15° fino a 8 settimane), in cui si verifica l’evoluzione delle popolazioni microbiche presenti e avvengono le principali alterazioni a carico dei costituenti dell’insaccato che determineranno il caratteristico aspetto, aroma e gusto.

Dott.ssa Federica Tavassi
Consulente HACCP
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare
Roma, 23 marzo 2013

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