COMBATTERE GLI SPRECHI ALIMENTARI SENZA CHE L’HACCP INTERFERISCA
Sta silenziosamente facendosi strada nell’opinione pubblica la notizia dell’approdo in Senato per il vaglio, una proposta di legge contro gli spreco alimentari, dopo essere già stata approvata dalla Camera dei Deputati.
Sta silenziosamente facendosi strada nell’opinione pubblica la notizia dell’approdo in Senato per il vaglio, una proposta di legge contro gli spreco alimentari, dopo essere già stata approvata dalla Camera dei Deputati. Sulla scia dell’esempio francese, infatti, anche l’Italia sembra finalmente prendere a cuore questo argomento. D’altronde i numeri sono impietosi e danno luogo a ben poche alternative. La FAO ci riferisce infatti che ogni anno vengono gettati circa 1.3 miliardi di tonnellate di cibo, con uno spreco mondiale che supera i 2.600 miliardi di dollari ogni anno.
La crisi economica che si è riversata anche in Italia in questi ultimi anni ha portato sempre più alla consapevolezza che sprechi di questa entità non sono più sostenibili, ne dalle singole famiglie ne dall’intero Paese. L’obiettivo perciò è quello di ridefinire il concetto di “rifiuto”. In questo stato di emergenza appare essenziale rivalutare anche concettualmente le eccedenze alimentari, ovvero “riclassificare” tutti gli alimenti rimasti sugli scaffali e tolti dalla vendita o quelli scartati perché prossimi alla scadenza non più come rifiuti, ma come prodotti riutilizzabili, soprattutto se a beneficiarne sono quelle persone che ne hanno più bisogno. Già sui social, nei periodi in cui l'intero paese si accinge per tradizione a consumare grandi quantità di cibo, come accade durante le festività natalizie e pasquali, sono comparse notizie e appelli di attività operanti nel settore alimentare, come forni e panetterie, che a fine giornata donava le proprie eccedenze a chi più ne aveva bisogno, senza alcun scopo di lucro.
La nuova legge sostanzialmente si propone di ricalcare questi esempi, semplificando le regole per la cessione gratuita degli alimenti dagli operatori del settore alimentare agli enti privati che senza scopo di lucro operano con finalità solidaristica. L’intento è quello di favorire, da un lato, l’uso consapevole delle risorse e, dall’altro, il recupero di prodotti ancora utilizzabili da parte delle associazioni di volontariato, snellendo le procedure per la raccolta e la donazione e puntando sugli incentivi, in modo da permette ai molti donatori favorevoli di superare le difficoltà burocratiche. L'Unione Europea stessa si è posta l'importante obiettivo di dimezzare lo spreco in entro il 2025 inserendo un apposito capitolo nel Piano di azione che tocca, ad esempio, tematiche come l'ecodesign del packaging, le norme sulle date di scadenza dei prodotti, le norme sulla sottrazione della qualifica di rifiuto, e la riqualifica dei prodotti alimentari non usati.
Un panorama come questo, seppur nobile e necessario ai fini della riduzione degli sprechi, rischia di trovarsi in disaccordo con quanto legiferato in materia di igiene e sicurezza alimentare. Infatti, se la normativa in materia e il sistema dell’HACCP stesso hanno sempre sostenuto l’impossibilità da parte degli operatori del settore alimentare di servire prodotti non idonei al consumo umano, come si può riqualificare un prodotto alimentare che, stando alla legge, andrebbe cestinato? Il nuovo testo di legge, chiaramente, prevede doverose specifiche anche in tal senso. Innanzitutto va fatta la distinzione tra i prodotti che riportano la data di scadenza vera e propria, quindi i prodotti più deperibili e che riportano in confezione la dicitura "da consumarsi entro il...", e i prodotti che invece per loro natura nascono come prodotti più stabili e riportano la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro il...." (termine minimo di scadenza). In questo ultimo caso infatti tale dicitura indica che la qualità del prodotto è garantita fino a quella data, ma ciò non significa che dopo tale data i cibi siano immangiabili.
I prodotti più stabili come quelli secchi o da forno (riso, pasta, biscotti, cracker, grissini, ecc.) dopo quella data non saranno rischiosi per la salute di chi li consuma ma, più probabilmente, andranno incontro a delle modifiche che li rendono meno appetibili e quindi commercialmente invendibili (ad es. perdita della fragranza e dell’aroma). Per i prodotti più deperibili, come uova, creme, yogurt,ecc., invece, il rischio è maggiore in quanto il superamento della data di scadenza in questi casi può determinare una modificazione non solo delle caratteristiche organolettiche ma anche delle caratteristiche microbiologiche dell’alimento, rendendolo quindi non più sicuro. Facendo quindi le opportune distinzioni, la nuova legge propone di destinare i beni più stabili e meno deperibili alle cessioni volontarie a scopo di beneficenza.
Questo da l’opportunità a tutte le attività che operano nel settore alimentare di destinare questo tipo di prodotti a enti caritatevoli effettuando una dichiarazione consuntiva a fine mese, in modo che si possa mantenere anche la giusta tracciabilità dei prodotti alimentari donati. Inoltre, si introduce la possibilità di accordo tra le associazioni di volontariato e imprenditori agricoli per recuperare i prodotti che rimangono a terra durante la raccolta (il"residuo in campo"), oltre che la possibilità di distribuire beni alimentari confiscati. Infine, la legge garantirà ad attività commerciali e produttive uno sconto sulla tassa dei rifiuti proporzionale alla quantità di cibo donato. In queste condizioni perciò è possibile generare donazioni controllate a livello qualitativo (e non solo) in modo da "plasmare" la normativa di settore per l’igiene e la sicurezza alimentare all’esigenza di concretizzare anche in Italia il piano "Spreco Zero".
Dott.ssa Federica Tavassi
Associazione Italiana Consulenti di Igiene Alimentare