Nanotecnologie e sicurezza alimentare: nuove frontiere
L’obiettivo finale dell’igiene e della sicurezza alimentare è quello di garantire l’immissione sul mercato di prodotti alimentari sicuri per la salute del consumatore, contrastando qualsiasi tipo di contaminazione dell’alimento. In quest’ottica l’industria alimentare sfrutta l’autocontrollo e il sistema HACCP lungo tutta la filiera per ottenere un prodotto finito il più possibile privo di rischi. Nonostante questo però le contaminazioni di generi alimentari sono all’ordine del giorno e determinano ancora grossi problemi di salute pubblica. Tra le più frequenti contaminazioni degli alimenti ci sono quelle di origine batterica che si diversificano notevolmente a seconda dell’agente eziologico. Tra le tante, desta ancora preoccupazione la trasmissione alimentare di Listeria monocytogenes.
Questo batterio gram positivo, aerobio-anaerobio facoltativo e ubiquitario rappresenta un contaminante pericoloso in quanto abbastanza resistente in natura. Può ritrovarsi come contaminante naturale in alcuni animali, in questi casi la contaminazione del prodotto (le carni) può avvenire durante le operazioni di macellazione, oppure durante le operazioni di mungitura, per il latte, soprattutto se questi alimenti vengono consumati crudi o poco cotti. Il batterio può poi contaminare anche accidentalmente altri prodotti come i vegetali lavorati, proprio durante le operazioni di lavorazione.
La listeriosi, nonostante in alcuni casi sia risolvibile con l’utilizzo di antibiotici come l’ampicillina e l’amoxocillina, rappresenta negli Stati Uniti la causa di circa 2000 ospedalizzazioni e 500 decessi annui. L’infezione, infatti, può comportare danni seri fino anche alla morte in soggetti particolari come i neonati, gli anziani e le donne incinte. Il patogeno infatti è uno tra i batteri causa di meningiti principalmente nei neonati. Nelle donne incinte rappresenta un pericolo serio non tanto nella madre, se è una donna sana, ma soprattutto nel feto, causando aborti spontanei, parti prematuri, nascita di bambini malati. Negli adulti sani, invece, il batterio può sviluppare una forma simil-influenzale con sintomi generici come febbre, stanchezza, e dolori diffusi ma che a volte è accompagnata da sintomi gastrointestinali, quali diarrea, crampi, vomito e dolori addominali. Seguendo procedure di buona prassi igienica, come effettuare la corretta cottura delle carni, lavare accuratamente frutta e verdura, evitare qualsiasi tipo di promiscuità tra generi alimentari diversi, curare sempre la propria igiene personale ed effettuare le corrette procedure di sanificazione, si possono ridurre i rischi.
Un approccio diverso alle problematiche legate alla presenza di questo patogeno negli alimenti proviene da una ricerca condotta nel 2013 al Rensselaer Polytechnic Institute di Troy di New York, che propone l’utilizzo di nanomateriali complessati con uno specifico enzima in grado di neutralizzare questo batterio. Per il momento lo studio è preliminare e sviluppa questa nuova tecnologia esclusivamente su un ceppo di Listeria innocuo per l’uomo, ma con le dovute modifiche potrebbe rivelarsi un buon metodo di protezione magari da integrare anche nei sistemi stessi di packaging degli alimenti (utilizzato sotto forma di spray o di pellicola all’interno delle confezioni). Il sistema oggetto di studio prevede la creazione di un complesso tra un substrato (quello più promettente sembra essere quello creato da nano particelle di silice, già approvate anche dalla FDA), e un enzima (Ply500) derivante da batteriofagi in grado di distruggere le cellule batteriche di Listeria. Questo enzima ad attività litica, isolato dai batteriofagi, ha infatti un elevata affinità per la parete batterica, proponendosi come un agente antimicrobico unico in grado di agire anche contro microbi che hanno sviluppato antibiotico resistenza. Questo enzima ha attività peptidasica specifica anche contro alcuni sierotipi di L. monocytogenes.
Dallo studio emerge, che mettendo a contatto il sistema con un alimento contaminato, nel giro di pochi minuti il numero di batteri subisce un notevole decremento.
L’utilizzo a livello industriale di un sistema come questo avrebbe un riscontro di notevole importanza: in primo luogo perché rappresenta un sistema alternativo agli attuali sistemi di sanificazione che spesso si basano sull’utilizzo di sostanze chimiche e a volte tossiche; e, secondariamente, perché diminuendo le contaminazioni diminuirebbero anche le infezioni e il conseguente eccesivo uso di antibiotici con tutto quello che questo comporta. Inoltre, una volta reso stabile il sistema, alternando enzimi che hanno target batterici diversi, si potrebbero creare tanti analoghi sistemi contro diversi tipi di batteri contaminanti.
Dott.ssa Federica Tavassi
Roma, 27 gennaio 2014
Associazione Italiana Consulenti di Igiene Alimentare