La “shelf life”: attenzione alla vita commerciale dei prodotti

In ogni corso per l’HACCP si insegna a porre la massima attenzione alle date di scadenze ma non sempre si specifica cosa si intende per “shel life” di un prodotto

Ogni prodotto messo in vendita deve essere corredato dall’etichetta informativa compilata in tutte le sue parti secondo quanto previsto dal D.Lgs 109/1992 e dalle sue successive modifiche (D.Lgs 181/2003), ma la lettura di tale etichetta spesso presuppone alcune nozioni specifiche che vengono consuetamente trattate durante i corsi per l’HACCP e la formazione del personale che manipola alimenti. È bene perciò tenere a mente le differenze che intercorrono tra i concetti di “termine minimi di conservazione” e “data di scadenza” per ottenere una conservazione coscienziosa dei prodotti manipolati. Vediamo perciò come distinguerli e come questi introducono il concetto di shelf life.

Il “termine minimo di conservazione” su un prodotto è solitamente identificato con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il..” e l’indicazione del giorno o “da conservarsi entro la fine…” e una data che può contenere sia il giorno che il mese e l’anno; mentre la “data di scadenza” indica la data (nel formato giorno/mese/anno) oltre il quale l’alimento non è più idoneo al consumo e correda le etichette di tutti quegli alimenti che dal punto di vista microbiologico possono costituire un pericolo per la salute pubblica.

La definizione di “shelf life” descrive questo periodo come l’intervallo di tempo durante il quale l’alimento mantiene un livello di sicurezza e qualità accettabile e quindi, quel periodo di tempo che corrisponde, in determinate condizioni di conservazione, ad una tollerabile diminuzione della qualità di un alimento. Sostanzialmente in questo parametro si prendono in considerazione quei singoli eventi reattivi che si innescano in un prodotto alimentare in determinate condizioni di conservazione, che danno luogo a modificazioni impercettibili sul piano sensoriale ma ancora accettabili sul piano della sicurezza d’uso. Bisogna considerare infatti che durante la conservazione e la distribuzione degli alimenti questi sono esposti ad un numero elevato di fattori in grado di modificare le loro proprietà intrinseche, e tra i possibili agenti degradativi vanno sicuramente citati ossigeno, luce ed umidità ma non solo, chiaramente la lista è ben più lunga e comprende anche la struttura del prodotto, la presenza di additivi e conservanti e la composizione dei materiali di confezionamento. La conseguenza logica dei meccanismi degradativi è quindi la non accettabilità dei prodotti da parte dei consumatori fino ad arrivare ad una potenziale situazione di pericolo in caso di consumo accidentale di tale prodotto. Da questo si desume perciò come la shelf life sia estremamente influenzabile dallo stato di conservazione del prodotto. La shelf life spesso si intreccia anche con un altro concetto che è quello della commerciabilità di un prodotto. Infatti, l’instaurarsi di processi che modificano l’alimento possono renderlo non più vendibile nonostante questo non sia ancora commestibile. Gli Operatori del settore alimentare può verificare la durabilità dei propri prodotti, basandosi su criteri di sicurezza alimentare che devono essere rispettati a condizioni prevedibili di distribuzione, conservazione ed uso. In supporto di questo possono essere condotti anche studi diretti su gli alimenti (seguendo quanto citato nel Reg. CE 2073/2005) effettuando prove per determinare le caratteristiche fisico-chimiche; consultando la letteratura scientifica; e focalizzando l’attenzione a questi prodotti ready-to-eat che possono rappresentare un rischio diretto per il consumatore.

Dott.ssa Federica Tavassi
Consulente HACCP Roma, 31 luglio 2013
Associazione Italiana Consulenti di Igiene Alimentare

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