IL PANE: processi produttivi e aspetti normativi
Con questo articolo si conclude la monografia dedicata a questo alimento così importante per la cultura mediterranea. Approfondiamo ora le tecnologie produttive e le norme che regolano la sua preparazione e la sua commercializzazione.
Come abbiamo già accennato nell’articolo sugli aspetti storici e nutrizionali, il processo produttivo del pane prevede 5 passi fondamentali: impasto, puntatura, spezzatura e formatura, lievitazione e cottura. Durante l’impastatura si creano le condizioni necessarie alla formazione del glutine, un complesso proteico composto dalla gliadina e dalla glutenina idratate. Tale macromolecola costituisce la struttura fondamentale dell’impasto e gli conferisce compattezza, elasticità e la capacità di imprigionare gli amidi e i gas che si sviluppano durante la lievitazione. Da questo deriva la caratteristica struttura spugnosa della mollica del pane. Alla fine della lavorazione la temperatura ottimale della pasta deve essere compresa tra i 22 e i 26 gradi centigradi. La regolazione della temperatura avviene aumentando o diminuendo quella dell’acqua.
Segue poi la fase di puntatura, durante cui le cellule di lievito, grazie all’ossigeno incamerato nella fase di impastamento, si moltiplicano. Questa fase ha durata variabile e dipende dal tipo di lievito utilizzato (chimico o lievito madre) e dalla forza dell’impasto. Successivamente si passa alla fase di spezzatura e formatura in cui si divide l’impasto in vari pezzi del peso e della forma desiderati. Questa operazione può essere svolta a mano o con macchine spezzatrici. Per la produzione di massa si utilizzano anche macchine che, oltre a spezzare l’impasto gli danno anche forme differenti.
La lievitazione è il processo che porta a un forte aumento di volume delle forme di pane (fino a tre volte il volume iniziale) e la sua durata dipende dalla quantità e dal tipo di lievito utilizzato. Se si utilizza un lievito chimico il rigonfiamento dell’impasto è dovuto alla liberazione di anidride carbonica durante la cottura, mentre se si usa lievito naturale, composto da microrganismi selezionati, all’anidride carbonica sviluppata dalla fermentazione degli zuccheri del pane, si aggiungono etanolo e acidi carbossilici, che aumentano la digeribilità del prodotto. La cottura, che dura dai 13 ai 60 minuti, avviene in forno con temperature comprese tra 180 e 275°C. Il riscaldamento dell’impasto avviene in maniera graduale in cui possiamo distinguere 4 fasi termiche. Quando la temperatura è compresa tra i 30 e i 40°C i lieviti operano ancora la fermentazione; tra 40 e 60°C i lieviti muoiono e l’amido comincia a solidificare; tra i 60 e gli 80°C si completa la solidificazione dell’amido e tra i 100 e i 140°C avviene la totale evaporazione dell’acqua che aveva portato all’aumento di volume nelle fasi iniziali del riscaldamento.
Le leggi che regolano la produzione e la commercializzazione del pane, a partire dai cereali e dagli sfarinati che possono essere utilizzati nel processo sono la Legge 4 luglio 1967, n°580 e il DPR 502 del 30 novembre 1998. Gli articoli della Legge 580 che si occupano del pane sono quelli del Titolo III, dall’articolo 14 all’articolo 27. In questi articoli viene data la definizione del prodotto alimentare “pane”, viene stabilita la percentuale d’acqua ammessa in relazione alla pezzatura del pane e stabilito che esso è un prodotto da vendere a peso, inoltre ne viene regolamentato il commercio. Col DPR 502 invece si regolamenta il pane ottenuto dalla miscelazione di farine diverse, specificando gli ingredienti e gli additivi ammessi, il tenore di umidità concesso, le modalità di trasporto del pane e la tipologia di lievito permesso nel processo produttivo.
Dott.ssa Isabella De Vita
Consulente HACCP Roma 11 marzo 2013
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare