Corsi HACCP : dovremmo forse frequentarli tutti per avere una maggiore consapevolezza in cucina?

Numerose indagini condotte sia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che dalla Commissione Europea dimostrano che i consumatori considerano l’ambiente domestico molto sicuro, mentre invece si rivela essere il luogo in cui si verificano la maggior parte delle tossinfezioni. Ciò avviene sia per mancanza di informazioni in ambito di sicurezza alimentare, sia per assenza di stimoli a rispettare poche e semplici prassi igieniche. Dati recenti mostrano chiaramente che di tutti i casi di tossinfezione di origine domestica, un 50% è dovuto a un errato processo di conservazione, un 30% è dovuto a fenomeni di contaminazione crociata, un 10% al riscaldamento inadeguato dei cibi e solo il restante 10% è provocato dalla manipolazione degli alimenti da parte di persone malate.

Una delle tipiche situazioni a rischio è il consumo di prodotti crudi, o peggio ancora semilavorati. La loro carica microbica può aumentare in maniera indiscriminata se la manipolazione non è avvenuta utilizzando le dovute precauzioni o se vengono conservati a temperature scorrette.

Un'altra preparazione a rischio è rappresentata dai piatti a base di pollo, procedura durante cui i patogeni vengono diffusi nell’ambiente depositandosi su superfici, utensili e strofinacci. Ovviamente chiunque abbia frequentato un corso HACCP sa perfettamente che le carni avicole possono essere contaminate da Salmonella e che i guanti che si è soliti utilizzare durante queste preparazioni devono necessariamente essere eliminati al termine della procedura, ma quanti consumatori lo sanno?

Chi ha seguito un corso HACCP conosce anche l’importanza di svolgere le operazioni di pulizia in maniera adeguata, utilizzando ad esempio spugne di colori differenti, a ricambio frequente a seconda degli oggetti che devono essere sanificati. Basti pensare che gli strofinacci presentano una carica batterica totale molto più elevata di qualsiasi altra superficie e che sono una fonte di L. monocytogenes, E. coli e S. aureus. Quest’ultimo in particolare può incrementare notevolmente la sua carica, con una conseguente produzione importante di tossina, anche a temperature pari a 11-12°C, rendendo lo strofinaccio una fonte di rischio per il consumatore.

Gli argomenti su cui i cittadini risultano essere meno informati sono: le temperature corrette alle quali devono trovarsi e funzionare i vari scomparti del frigorifero, le corrette procedure di scongelamento, la collocazione delle derrate nel frigorifero (uova nel ripiano inferiore o almeno separate dal resto degli alimenti), la gestione impropria degli avanzi e il pericolo di contaminazione crociata.

Anche il l’igiene delle mani viene molto trascurata. Molti affermano infatti di lavare le mani prima e dopo la preparazione dei pasti, ma tale operazione non viene effettuata ad esempio quando dopo aver manipolato carne cruda, si passa ad utilizzare ingredienti che non vengono bonificati con la cottura.

Un altro punto delicato è il raffreddamento dei prodotti cotti: spesso il tempo che tali alimenti trascorrono a temperatura ambiente fino al momento in cui vengono posti in frigorifero è troppo lungo e permette una pericolosa replicazione batterica.

Tutti questi punti critici vengono ampiamente esaminati in ogni buon corso HACCP, ma poiché non tutti sono in grado di frequentarli, si potrebbe aumentare l’informazione dei consumatori a partire dall’istruzione scolastica.

Dott.ssa Isabella De Vita
Consulente HACCP
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare

Roma 6 maggio 2013

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