Consumatori in allerta: sempre più i prodotti non idonei al consumo alimentare

L’allerta dei consumatori sui prodotti a loro venduti sembra destinata a non estinguersi. Ormai all’ordine del giorno infatti sembrano esserci, in giro per il mondo, casi di alimenti rischiosi immessi sul mercato. Se da una parte questo può essere il risultato di una buona ed efficace catena di controlli da parte delle Autorità competenti che sempre più spesso rilevano infrazioni; dall’altra, potrebbe essere un campanello d’allarme, forse qualcosa nel sistema HACCP va rivisto. Non facciamo in tempo ad “archiviare” la frode al consumatore riguardante la carne di cavallo che subito spuntano nuovi pericoli, e questa volta di ben altra entità. Analizziamo qualcuno dei casi degli ultimi giorni. Il colosso IKEA sembra essere nuovamente tirato in ballo per quanto riguarda la sicurezza alimentare dei prodotti che vende insieme a scaffali, mobili e oggetti per la casa. Dopo il ritiro delle polpette vendute come di manzo e invece contenenti carne di cavallo, l’attenzione questa volta viene posta su dolce di cioccolata e mandorle (dal nome impronunciabile: chokladkrokant). In 23 Paesi è stata bloccata la vendita di questo prodotto, dopo che le autorità cinesi preposte al controllo hanno rilevato una concentrazione di batteri coliformi troppo elevata. Questi batteri non risultano direttamente pericolosi per l’uomo ma spesso sono utilizzati come organismi marker e quindi essere la spia di una contaminazione fecale dell’alimento. Nonostante il prodotto sia stato ritirato anche in Italia per sicurezza, i portavoce dell’azienda fanno sapere che quel lotto non era comunque presente nei negozi italiani.

Altro recente caso è quello dell’insalata “al topicida”. In una cassetta di lattuga romana esportata in Germania è stata trovata una bustina di topicida aperta. La cassetta proveniente dall’ Italia, ha immediatamente dato il via alla trafila di notifiche rendendo noto il caso al Sistema di Allerta Europeo. Pur essendo ancora poco chiara la dinamica dei fatti, l’importante è ricostruire tutti i passaggi del lotto per evitare di introdurre altri fattori di rischio.

Quando invece la “macchina” dei controlli si muove troppo tardi si incorre nell’altissimo pericolo di non bloccare per tempo il prodotto incriminato, facendolo perciò arrivare sulle tavole dei consumatori finali. E’ questo il caso dei molluschi “al cadmio” venduti al mercato di Chioggia. Si tratta in questo caso di un pescato fraudolento per il quale sono stati già denunciati una decina di pescatori. Questi infatti hanno pescato i molluschi in acque vietate ma li hanno marchiati come se li avessero pescati in acque sicure. Seguendo i tracciati radar delle imbarcazioni, non solo si è visto come i pescherecci operavano in acque non di competenza della USL nella laguna veneta e quindi non sicure, ma è stata riscontrata anche un attività di pesca in acque internazionali non permessa e senza nessuna notifica successiva riguardante il pescato, che in quanto proveniente da acque internazionali dovrebbe seguire altre trafile di controlli, dovendo passare al vaglio di centri sanitari specializzati. L’analisi dei molluschi ha riscontrato una concentrazione di cadmio talmente alta da chiudere l’intera area di pesca della zona, essendo adiacente all’area inquinata.

E se non bastassero inquinanti biologici, microbiologici e chimici a destare preoccupazione al consumatore medio va aggiunto anche il rischio fisico. Recente è la notizia infatti che in Valsesia è stato trovato cesio radioattivo nei cinghiali della zona. La prima ipotesi addotta per spiegare tale fenomeno è ricondurre la presenza di cesio 137 radioattivo al disastro nucleare di Chernobyl del 1986. Non è però da escludere purtroppo la possibilità che questi animali siano stati contaminati dai tanti rifiuti tossici smaltiti in maniera illecita. Un dato è però certo, negli animali è stato riscontrato un quantitativo di questo elemento dieci volte superiore rispetto ai limiti massimi tollerati in caso di incidente nucleare. Nonostante il Ministro della Salute tenta di rassicurare i consumatori dichiarando che “i livelli di contaminazione riscontrati non costituiscono un rischio per la salute pubblica in considerazione dei limitati consumi di carne di cinghiale e di selvaggina”, la Confederazione Italiana Agricoltori chiede, comunque, che vengano estesi i controlli anche ad altri animali selvatici che vivono gli stessi ambienti dei cinghiali.

Ma a cosa si devono tutti questi casi di allerta!?! I controlli delle Autorità competenti funzionano. Ma per il resto? Dov’è che si commettono più errori? La Coldiretti prova a spiegare la situazione dando alcune “colpe” alla globalizzazione dei mercati che, associata ad un deficit di responsabilità, di onestà e di trasparenza e, probabilmente, associata anche ad un momento di crisi come quello che stanno vivendo i mercati in questo momento, ha portato a sottovalutare alcuni aspetti di sicurezza fondamentali per tutelare la salute del consumatore.

Dott.ssa Federica Tavassi
Consulente HACCP Roma, 12 marzo 2013
Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare

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