Aflatossine negli alimenti: una panoramica sugli aspetti normativi, sanitari e preventivi.
Purtroppo ormai periodicamente, il Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (RAFFS) diffonde segnalazioni in merito ad alimenti contaminati da aflatossine, che vengono sistematicamente ritirati dal mercato. Vediamo insieme quali sono i rischi per la salute, e le normative che regolano i limiti di accettabilità di aflatossine negli alimenti. (Aflatossine, Sicurezza alimentare, regolamento (CE), HACCP) I cambiamenti climatici e l’estate appena trascorsa, annoverata come la seconda estate più calda dal 1800 a oggi, hanno portato alla luce un problema di sicurezza alimentare che è sempre esistito ma che non era mai stato considerato un’emergenza: la presenza di aflatossine negli alimenti. Le aflatossine sono micotossine prodotte esclusivamente da alcuni ceppi di due specie di Aspergillus: Aspergillus flavus (da cui prendono il nome) e Aspergillus parasiticus.
Sono sostanze chimiche molto resistenti al calore e non vengono completamente distrutte dalle normali operazioni di cottura, né dai diversi processi a cui vengono sottoposte solitamente le derrate durante la preparazione degli alimenti. La loro presenza è influenzata ampiamente dalle condizioni climatiche e geografiche, dalle pratiche di coltivazione e dalle modalità di conservazione. Le aflatossine si sviluppano sia sulle piante prima del raccolto, che nelle derrate vegetali dopo il raccolto stesso, quindi durante i processi di stoccaggio, trasformazione e trasporto. Gli alimenti più esposti alla contaminazione diretta sono soprattutto cereali, semi oleaginosi, frutta secca ed essiccata, legumi, spezie, caffè e cacao. Inoltre, le aflatossine si possono riscontrare sotto forma di residui o metaboliti tossici nei prodotti alimentari (latte e formaggi) che derivano da animali alimentati con mangimi contaminati. Ciò costituisce per l’uomo un pericoloso tipo di contaminazione indiretta di considerevole importanza tenendo conto degli elevati livelli di aflatossine potenzialmente presenti nei cereali destinati alla produzione di mangimi vegetali. Le aflatossine contaminano le coltivazioni di cereali e gli approvvigionamenti di larga parte della popolazione mondiale che vive nelle fasce tropicali dove le caratteristiche del clima e la quasi totale assenza di refrigerazione, facilitano la crescita delle muffe produttrici. Le aflatossine più diffuse negli alimenti vengono denominate con le sigle B1, B2, G1, G2, M1 e M2, di cui queste ultime sono prodotti idrossilati di B1 e B2 che si ritrovano nel latte (milk). Sono tutte epatotossine dotate anche di attività cancerogena, mutagena e teratogena. Tra esse la più potente è la B1. Le principali vie di escrezione sono: quella biliare, quella urinaria e il latte, fonte di assunzione per i giovani organismi durante la lattazione. Quest’ultima via ci interessa più da vicino in quanto tramite il consumo di latte vaccino contaminato potremmo indirettamente assumere ingenti quantità di tossina. In Italia il problema delle aflatossine è strettamente legato all’importazione di alimenti contaminati provenienti dalle aree tropicali e subtropicali destinati principalmente alla produzione di mangimi. I livelli massimi di aflatossine sono stabiliti dal regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione. La direttiva 2002/32/CE stabilisce i livelli massimi di aflatossine B1 nelle materie prime per mangimi. I metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale delle micotossine, incluse le aflatossine, sono stabiliti dal regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione. Nel 2007, il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) dell'EFSA ha concluso che l'esposizione alle aflatossine presenti in tutte le fonti alimentari deve essere mantenuta al livello più basso ragionevolmente ottenibile, date le proprietà genotossiche e cancerogene delle aflatossine. Nel 2004, il gruppo di esperti scientifici CONTAM dell'EFSA ha stabilito che l'aflatossina B1 è da considerare “sostanza indesiderabile nell’alimentazione animale”. La Commissione ha chiesto all'EFSA di stabilire i livelli di esposizione dell'aflatossina B1 per gli animali da latte, in particolare i bovini, oltre i quali il passaggio dal mangime al latte comporterebbe livelli inaccettabili di aflatossina M1. Il gruppo di esperti scientifici CONTAM ha concluso che gli attuali livelli massimi di aflatossina B1 nei mangimi rappresentano una protezione adeguata dagli effetti nocivi per la salute nelle specie animali bersaglio, e sono sufficienti per prevenire concentrazioni indesiderabili del metabolita aflatossina M1 nel latte. Tra le sue raccomandazioni, il gruppo di esperti scientifici esorta il monitoraggio della presenza di aflatossina B1 nei mangimi importati e di aflatossina M1 nel latte fresco. Il referenziamento dei fornitori delle aziende agroalimentari è un punto importante del sistema HACCP e permette ai consumatori italiani di stare relativamente tranquilli, ma continuano a esistere purtroppo aziende del settore senza scrupoli che non provvedono a formare i propri lavoratori attraverso gli appositi corsi HACCP, mettendo in secondo piano la salute degli utenti a favore di un maggior guadagno.
Dott.ssa Isabella De Vita
Consulente HACCP Roma, 21 gennaio 2013
Associazione Italiana Consulenti di Igiene Alimentare